Scoperte le cause della moria di cefali su alcuni tratti della costa abruzzese

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La causa principale, ma non l’unica, è una malattia già nota

di Michele Brunetti

Passeggiando in riva al mare nei giorni scorsi, nel tratto di spiaggia che va da Pineto a Pescara, è capitato un po’ a tutti di imbattersi in numerosi pesci morti sulla riva, più precisamente di cefali. Il ritrovamento di una centinaia di esemplari di questa specie, esanimi sulla spiaggia, ha innescato delle preoccupazioni nella popolazione. Diverse le ipotesi, ma finalmente il caso è chiuso, la causa principale è una malattia, che tuttavia non è stata riscontrata in tutti i pesci ritrovati morti sulla battigia che ormai sono diventati pasti facili per gabbiani e corvi.

“Avevamo ipotizzato tra le cause della moria o una patologia o un’azione di bracconaggio, – scrive l’associazione Nuova Saline Onlus, che si è occupata del caso -, le prime analisi speditive lo facevano presupporre e quelle finali lo confermano. I cefali analizzati presentano lesioni a carico del rene e del fegato causato da un micro-organismo appartenente al genere pasteurella, che causa una malattia chiamata pasteurellosi. Quelli invece rinvenuti a nord del porto di Pescara non sono morti di cause naturali (non presentando i segni della malattia) ma l’esame necroscopico ha evidenziato lesioni esterne compatibili con le maglie di una rete da posta. Due mali, uno naturale e uno più vile tipico dell’egoismo umano (il bracconaggio): entrambi distruttivi per la specie. Altresì è legittimo ipotizzare che i bracconieri abbiano eliminato i cefali dalle reti proprio perché hanno percepito la moria in corso e la difficoltà conseguente nel commercializzarli, – spiegano gli attivisti -, il batterio pasteurella è termolabile a 20 gradi e in teoria se ingerito crudo, non causa problemi all’organismo umano ma ovviamente i cefali morti (e da giorni in acqua) sono organismi in decomposizione, e come tali possono creare gravi problemi se destinati a un uso alimentare”.


Il fenomeno di questa moria di cefali osservato sui nostri tratti di spiaggia, dalla Torre di Cerrano fino al porto di Pescara, aveva allarmato molti esponenti di alcune associazioni ambientaliste del territorio, i quali hanno prontamente segnalato il caso alle autorità competenti, ma i volontari della Nuova Saline Onlus hanno proceduto a realizzare analisi più specifiche. I primi rinvenimenti sono stati registrati nella zona a nord della foce del fiume Pescara, poi a sud e poi ancora al confine con Montesilvano e via via sempre più a nord, fino a Pineto. Dalle prime analisi necroscopiche non erano emerse particolari patologie. Una prima ipotesi formulata prevedeva una causa naturale legata al sovrappopolamento di questa tipologia marina, scatenata da una malattia specifica per limitarne le colonie. Un’altra invece era legata all’attività di bracconaggio industriale. In questo periodo dell’anno aumenta la pesca con reti da posta all’interno della linea delle scogliere per catturare pesci come le orate che entrano nel sottocosta, insieme a loro vengono catturati anche i cefali, i quali vengono rigettati in mare in quanto poco redditizi

Scoperte le cause della moria di cefali su alcuni tratti della costa abruzzese

Un precedente negli anni ‘90, record di cefali morti

Dall’archivio del quotidiano La Repubblica, scopriamo che il 24 agosto 1990 ci fu una grande epidemia, causata dallo stesso agente patogeno che riuscì a causare la morte di milioni di cefali che a fatica furono rimossi, quella volta, dalla battigia di ben tutta la costa abruzzese: da Martinsicuro a sud di Ortona. Fu subito esclusa una moria per fenomeni traumatici, secondo le dichiarazioni di allora della dottoressa Ines Flacco dell’Unità Operativa Ecologica della Regione Abruzzo, vista la vastità del fenomeno che colpì l’Adriatico a partire dal Veneto, e che riguardò un’unica specie. Fu esclusa anche la causa dell’inquinamento, i cefali erano malati, lo dimostrò il fatto che l’esame autoptico aveva rilevato la costante delle viscere vuote. Gli esami furono effettuati dalla sezione ittica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per l’Abruzzo e Molise G. Caporale. Dall’ Istituto si apprese che Marche e Veneto, colpite dal fenomeno alcuni giorni prima dell’Abruzzo, individuarono subito l’agente patogeno responsabile della moria di cefali: si trattava, così come oggi, della pasteurella, germe ubiquitario, che provoca

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