Dati e valutazione regionale e i pericoli del glifosate e del suo metabolita Ampa
L’Ispra, Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, ha richiamato quelle Regioni, tra cui l’Abruzzo, ancora insufficienti nell’attività di campionamento delle acque superficiali e sotterranee sui residui delle sostanze usate in agricoltura, ovvero dei famigerati fitofarmaci. Nel rapporto nazionale Pesticidi nelle acque sul monitoraggio eseguito nel biennio 2017-2018, ma stilato a fine 2020, si evince che l’Aspa, l’agenzia abruzzese, ha cercato solamente una parte delle molecole potenzialmente presenti nelle acque, 53 su 426, senza cercare il glifosate e la sostanza metabolita che si forma per sua degradazione, l’Ampa, ormai nota a livello internazionale e trovata tra i più utilizzati diserbanti nei campi agricoli italiani e in quelli del resto del mondo, rinvenuta anche in alte concentrazione in parecchie marche di birre tedesche e nelle urine stesse dei cittadini e persino nel latte materno delle donne statunitensi.
L’Abruzzo, inquadrato nel contesto italiano, non ne esce bene visto che, almeno fino al 2018, non è riuscito a risolvere i suoi problemi diagnostici. “Nelle acque superficiali, – scrive l’Ispra -, le sostanze più frequentemente riscontrate sono erbicidi; il glifosate e il metabolita Ampa, cercati in 11 regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Bolzano, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Sicilia), sono riscontrati, ad eccezione della Valle d’Aosta, con frequenze complessive rispettivamente del 43% e del 66%. È doveroso ricordare, – continua l’Istituto -, che alcune delle sostanze oggi rilevate con maggiore frequenza non vengono ancora ricercate in diverse aree d’Italia e questa circostanza, in attesa di una completa omogeneizzazione della rete nazionale, rende impropria ogni forma di confronto fra le situazioni delle singole regioni”.
A livello nazionale un quarto dei punti di campionamento nelle acque superficiali hanno livelli di concentrazione borderline o superiore agli standard di qualità ambientale. In quelle sotterranee i punti non conformi o borderline corrispondono al 7,2%. “Solo cinque regioni fanno peggio di noi – commenta il Forum H2O Abruzzo -, la Sicilia ricerca nei fiumi ben 258 tipi di pesticidi, il Lazio 143, la provincia di Bolzano 209. I numeri sono assolutamente preoccupanti, visto che un’enorme mole di pubblicazioni scientifiche mette in relazione la presenza di pesticidi nell’ambiente con diverse malattie, da quelle neurologiche a quelle dello sviluppo, non resta che fare una domanda all’Arta, quante e quali sostanze state cercando oggi nei nostri fiumi e nelle nostre falde? Il glifosate e l’Ampa avete iniziato a cercarli? Avete superato almeno le 100-150 molecole monitorate?”.
Nel rapporto si può leggere che il dato 2018 per l’intero paese rileva nelle acque superficiali presenza di pesticidi in 1.530 punti di monitoraggio (77,3% del totale) e in 6.107 campioni (53,6% del totale). Nelle acque sotterranee pesticidi sono presenti in 1.003 punti di monitoraggio (35,9% del totale) e 1.733 campioni (31,2% del totale). Le sostanze cercate complessivamente in Italia sono 426: 402 nelle acque superficiali, 404 in quelle sotterranee. Le sostanze trovate sono in totale 299: 278 nelle acque superficiali, 264 in quelle sotterranee. I dati relativi alla nostra regione sono troppo pochi, l’Arta nel 2018 ha cercato solamente 1/8 delle molecole potenzialmente presenti nelle acque, e in una regione verde e ricca di riserve naturali come la nostra, non possiamo più permettercelo.

Ma quali effetti si riscontrano sugli organismi esposti alla molecola di glifosato nei pesticidi?
Sul sito dell’Università di Padova, a questa domanda ha così risposto il professor Valerio Matozzo, del dipartimento di Biologia della stessa: “Dal punto di vista ecotossicologico, gli effetti negativi del glifosato (o glifosate) sono stati accertati in varie specie di organismi acquatici e a diversi livelli di organizzazione biologica. Tanto per fare qualche esempio, la tossicità acuta e cronica del glifosato è stata dimostrata in larve di molluschi d’acqua dolce (Lampsilis siliquoidea). In Biomphalaria alexandrina (un mollusco gasteropode), il glifosato ha causato azoospermia (totale assenza di spermatozoi) e deformazioni degli ovociti. Nei pesci (Rhamdia quelen, Prochilodus lineatus), l’erbicida ha manifestato effetti neurotossici, inibendo l’attività dell’acetilcolinesterasi, un enzima molto importante nella trasmissione dell’impulso nervoso. Danni a carico del DNA sono stati evidenziati in Carassius auratus (il comune pesce rosso) dopo esposizione a Roundup®, una delle più diffuse formulazioni commerciali a base di glifosato. Lesioni istologiche sono state riscontrate nelle branchie e nel fegato di Jenynsia multidentata, un pesciolino d’acqua dolce”.
“Effetti negativi, – continua il professore -, sono stati osservati anche su alghe, rettili, uccelli, anfibi e mammiferi terrestri. Le concentrazioni alle quali il glifosato manifesta la sua tossicità in organismi non-target sono molto variabili, da pochi microgrammi/litro a diversi milligrammi/litro per le specie acquatiche. Ciò dipende da una serie di fattori, tra cui il tipo di composto testato (principio attivo o formulazione commerciale), la durata dell’esposizione (da poche ore a diverse settimane), la modalità di esposizione (in vitro o in vivo), la via di somministrazione (cibo o acqua contaminati) e la specie modello (vertebrati o invertebrati). In ogni caso, è auspicabile che la scelta delle concentrazioni sperimentali venga fatta sulla base dei reali livelli di contaminazione riscontrati nei diversi comparti, aria, acqua e suolo. In questo modo aumenterebbe la valenza ecologica dei risultati degli studi ecotossicologici”.

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