Abruzzo: Camoscio Appenninico a rischio estinzione nei prossimi 50 anni

Abruzzo: Camoscio Appenninico a rischio estinzione nei prossimi 50 anni

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Cambiamento climatico e specifiche genetiche minacciano il camoscio più bello del mondo

di Michele Brunetti

Secondo uno studio dell’Università di Siena e dell’Università di Pavia condotto nel Parco nazionale d’Abruzzo, il camoscio dei nostri appennini sarebbe, nel giro di una cinquantina d’anni, a rischio estinzione a causa del riscaldamento globale. Si prevede dunque, entro il 2070, una forte diminuzione degli esemplari di Rupicapra pyrenaica ornata, nome scientifico del camoscio. “Le montagne sono habitat fortemente stagionali, che richiedono adattamenti speciali per gli animali selvatici, – spiegano i ricercatori -, la dinamica della popolazione degli erbivori di montagna è in gran parte determinata dalla disponibilità di ricche risorse alimentari per sostenere l’allattamento e lo svezzamento durante l’estate”. Il lavoro, intitolato Climatic changes and the fate of mountain herbivores, è stato pubblicato su Climatic Change da Sandro Lovari, Sara Franceschi, Lorenzo Fattorini, Niccolò Fattorini e Francesco Ferretti dell’Università senese e da Gianpasquale Chiatante dell’Università pavese

Elaborando delle simulazioni sulle temperature primaverili future e sulla presenza delle risorse alimentari, il gruppo di ricercatori ha ipotizzato una mortalità invernale dei piccoli di camoscio dal 28% al 95% fino al rischio di totale estinzione entro il 2070, queste ipotesi sono contestualizzate nell’ habitat storico proprio della razza animale, ovvero il Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise. Dagli anni Settanta l’aumento di ben 2° delle temperature primaverili nel cuore dell’areale storico del camoscio nel Parco Nazionale d’Abruzzo ha causato l’anticipo di un mese dell’inizio della stagione vegetativa nelle praterie d’altitudine più basse, tra 1700 e 2000 metri, e fortemente ridotto la vegetazione pascolabile dal camoscio, rendendo difficoltosa la sopravvivenza invernale dei cuccioli. A complicare ulteriormente la situazione delicata della specie c’è la ricolonizzazione boschiva delle praterie che impoverisce le risorse, già a rischio a causa del cambio climatico, e la compresenza nelle stesse zone dei cervi, molto competitivi nei confronti dei camosci.

Abruzzo: Camoscio Appenninico a rischio estinzione nei prossimi 50 anni

La genetica del camoscio nostrano, croce e delizia

“Il camoscio appenninico è affetto da una variabilità genetica molto ridotta, – informano gli studiosi -, forse determinata in passato da lunghi periodi vissuti a basso numero, che può renderlo ancor meno capace di reagire a rapidi cambiamenti ambientali rispetto ad altre specie di erbivori di montagna”. L’esemplare appenninico, da non confondere con quello alpino che è molto più diffuso, è presente nelle praterie di alta quota, oltre i 1700 metri durante la fase di estivazione del suo ciclo biologico mentre le aree di svernamento, da dicembre a giugno, sono costituite da aree boschive intorno ai 1000m. Femmine e giovani vivono in branco, i maschi si allontanano intorno ai 2 anni, e vi fanno ritorno esclusivamente nel periodo della riproduzione, per loro molto dispendiosa, infatti durante tale periodo hanno poco tempo per alimentarsi, arrivando a metà dicembre a dover fronteggiare il rigido inverno con limitate riserve di grasso, in queste condizioni i maschi più anziani non ce la fanno e muoiono.

Il periodo riproduttivo termina con l’arrivo delle prime abbondanti nevicate e i camosci scendono verso le zone più basse per svernare. I piccoli nascono tra maggio e giugno e in quei giorni si può assistere alla formazione di una sorta di asili nido in cui una o più femmine sorvegliano il gruppo di cuccioli, mentre le altre madri possono pascolare, senza incombenze, nelle vicinanze, per la gioia dei turisti o dei vari spettatori che assistono a questi attesi eventi. Con la speranza di vederlo saltellare per sempre tra le nostre montagne e facendo tutto il possibile che ciò continui ad avvenire, ci piace ricordare, orgogliosamente, che quello abruzzese è stato definito come il camoscio più bello del mondo grazie alla caratteristica fascia di pelo scuro che ricopre gli occhi come fosse una maschera, alla macchia chiara sulla gola e dalla fascia di colore bruno lungo il collo (da qui l’ornata presente nel nome scientifico), e detiene, inoltre, il primato per la lunghezza delle corna rispetto a tutte le altre specie di camosci.


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